L’Italia fino all’Ottocento era il luogo dell’alta formazione del mondo. Qui sono nate le università, qui arrivavano i rampolli delle famiglie più potenti del Continente. Poi è cominciato il declino, diventato devastante dalla fine degli anni Sessanta in poi. Ora l’Italia si è accodata alla formazione di stampo anglosassone. Il problema è che in questa coda ci si ritrova agli ultimi posti. Anche perché l’impostazione mercantilista non fa parte del nostro Dna. Rilanciamo la proposta del prof. Galimberti: la scuola dev’essere il luogo dove si “forma l’uomo“, mentre le competenze specifiche per contribuire nel mondo del lavoro – e non spendersi -, si acquisiscono all’università. Sulla base di questo principio bisogna tornare a pensare in grande: proporre un modello alternativo a quello dominante in Occidente.
La scuola italiana? L’alternativa internazionale alla formazione anglosassone
# La “scuola azienda” e la lotta degli insegnanti

Negli ultimi anni la scuola ha subìto diversi cambiamenti. Alcuni di questi dovuti all’esigenza dell’istituzione di adattarsi ai tempi che cambiano, altri perché il riflesso di una data ideologia politica del partito di turno al potere e altri per cui, sinceramente, è difficile trovare una motivazione. La scuola italiana, nello specifico, ha affrontato un percorso complesso e frammentato che l’ha portata ad essere, oggi, tra le meno efficienti a livello europeo e tra le più arretrate. Nella guerra continua tra istituzione scolastica e riforme ministeriali, gli studenti sono le vittime, ma i professori la resistenza: la strenua lotta sul campo della categoria degli insegnanti testimonia l’incapacità di chi ha pensato le riforme per la scuola negli ultimi decenni. L’inesperienza di chi si occupa di scuola (magari senza vederla da più di vent’anni), l’ha trasformata sempre più in un laboratorio che sforna tanti consumatori e pochi produttori. Tra le peggiori misure adottate dai governi che si sono succeduti nel tempo, c’è quella del PCTO…
# PCTO: il colpo di grazia inflitto all’educazione

Il PCTO, prima conosciuto come “alternanza scuola-lavoro”, è una misura che inserisce dei programmi di alternanza tra la scuola e il lavoro, al fine di avvicinare gli studenti al mondo del lavoro e favorire lo sviluppo di competenze pratiche. Ad introdurla fu la Riforma Moratti, sotto il governo Berlusconi, poi perfezionata e resa obbligatoria con la riforma La Buona Scuola durante il governo Renzi nel 2015. Due governi che, apparentemente diversi, hanno contribuito a creare lo strumento di distruzione definitiva del sistema scolastico. Se la scuola dimostrava già di avere grandi limiti strutturali, per esempio nell’enorme entità dei programmi rispetto alle poche ore a disposizione, queste riforme hanno definitivamente spostato la natura della scuola: da tempio sacro che forma l’uomo del domani, ad azienda che butta i ragazzi nel mondo del lavoro. Se un tempo poter andare a scuola era considerato una conquista, soprattutto per le classi meno abbienti, ora è concepito come una perdita di tempo, sintomo di una società malata che, invece di mettere al centro l’uomo, insegue il guadagno, commercializzando anche il sapere.
# La scuola torni a formare l’uomo
La prima misura che i totalitarismi adottano per assoggettare la popolazione è proprio la distruzione della scuola, con la creazione di programmi che spostino l’attenzione dall’apprendimento al conseguimento di direttive del governo. Sostanzialmente quindi, realtà come il PCTO non sono altro che la testimonianza più autentica dell’esistenza di una dittatura del consumo, che insegue il guadagno e dimentica l’essenza della natura umana. Essa dovrebbe insegnare ai ragazzi a convivere civilmente all’interno di una società, trasmettendo valori universali quali l’uguaglianza, la pace, la partecipazione alla vita pubblica, il rispetto del prossimo. E deve saperlo fare attraverso le nozioni, facendo uso di quelle materie chiamate “umanistiche” per trasmettere le testimonianze umane di chi ci ha preceduto, insegnando l’immedesimazione nell’altro, e di quelle “scientifiche” per sviluppare le capacità di ragionamento. Solo dopo, giunti all’università, ci si specializzerà per entrare nel mondo del lavoro, ma non per esserne l’ennesimo ingranaggio: per darvi il proprio contributo umano. Salvare la scuola dalla deriva consumista che ha preso negli ultimi anni e riaffidargli il compito di formare l’uomo, è uno dei primi fondamentali passi per combattere contro la lunga notte che l’Occidente sta affrontando.
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RAFFAELE PERGOLIZZI