Le 7 espressioni più tipiche dei romani d’oggi

Le 7 espressioni più tipiche dei romani d’oggi

Tra contaminazioni straniere, espressioni tipiche perdute e adattamenti di ogni sorta, il dialetto romano ha cambiato aspetto molte volte, tanto da portare molti a considerarne l’esistenza di uno antico e uno contemporaneo: il romanesco e il romanaccio. Ma ad oggi, quali sono le espressioni più comuni dei romani? Scopriamolo insieme.

Le 7 espressioni più tipiche dei romani d’oggi

# Aò!

Ph: Alberto Sordi – agi.it

Se un romano deve chiamare qualcuno, che sia un amico o un conoscente, difficilmente lo farà con i tipici convenevoli, soprattutto se ha un minimo di confidenza con l’interlocutore. Questo non perché i romani sono rozzi o maleducati, quanto più perché sinceri e diretti. “” è infatti la tipica espressione che i romani usano per attirare l’attenzione di qualcun altro, la stessa che spesso viene declinata anche per altre situazioni: di stupore, di fastidio… Nonostante sia ormai caratteristico del dialetto romano, questa parola ha origini straniere e le sue radici risalgono al momento in cui i francesi si stanziarono a Roma nel 1849, a difesa dello Stato Pontificio dopo i moti del ’48. I soldati francesi erano soliti spronarsi vicendevolmente gridando “allons, allons!” (che significa “andiamo”) che per i romani è divenuto, appunto, ““.

# Giro de peppe

Ph: giuseppe_garibaldi_18007 – Instagram

Per dire che si sta facendo un giro inutile, troppo lungo o sbagliato per raggiungere una determinata meta, i romani sono soliti chiamarlo “giro de Peppe“. Nonostante l’espressione sia diffusissima e il suo significato chiarissimo, non sempre un romano sa rispondere quando gli si chiede chi sia questo “Peppe”. Ebbene, anche questa espressione ha origini storiche e il “Peppe” di cui stiamo parlando è niente meno che Giuseppe Garibaldi. Il 9 gennaio del 1878 morì Vittorio Emanuele II di Savoia e per ricordarlo fu organizzato un corteo funebre a Piazza della Rotonda, di fronte al Pantheon. In quell’occasione, non cogliendo subito il senso di quel giro, Garibaldi seguì inutilmente il carro funebre del defunto Re, regalando un episodio memorabile che i romani non hanno mancato di celebrare ricavandone un modo di dire.

# Che c’hai prescia?

Credits: JÉSHOOTS – Pexels

Quando qualcuno ci mette particolare pressione, ci ansia affinché finiamo quello che stiamo facendo nel minor tempo possibile, magari perché lui ha fretta di far qualcos’altro, la domanda che parte spontanea è “ma che c’hai prescia?“. La “prescia” infatti è proprio la fretta e pare che derivi direttamente dalla lingua latina, più precisamente dal verbo “premere” che, declinato al participio passato femminile, diventa “pressa“. Solitamente utilizzato per indicare le macchine che creano pressione, nell’espressione dialettale indica qualcuno che ti mette pressione.

# Me cojoni

Decisamente poco elegante e raffinata ma diretta e concisa, questa è la tipica espressione di un romano stupito o meravigliato di fronte a qualcosa. Talvolta può essere utilizzato anche in tono ironico, come a fingere interesse per qualcosa che di interessante non ha proprio nulla. Molto simile all’espressione “cojonà” che vuol dire “prendere in giro” e che ha sostituito il più elegante “frescà“.

# Che calla

Credits: Brett Sayles – Pexels

Con questo termine si possono intendere due cose dal significato molto diverso. Questo è un carattere distintivo del dialetto romano, per cui con una parola si possono esprimere più significati o concetti, ed è dunque il contesto a dargli un’accezione piuttosto che un’altra. “Calla” in particolare può essere la lamentela di qualcuno che, particolarmente accaldato, non regge più una temperatura troppo elevata. Altrimenti, può voler dire che qualcuno sta cercando, in maniera diretta o meno, di raccontarti una fesseria: “ao ma che me stai a racconta ‘na calla?”.

# Che gianna

Credits: Egor Kamelev – Pexels

Per rimanere in ambito meteorologico, “gianna” è il contrario di “calla“. Infatti dire “ammazza che gianna che tira”, vuol dire che in quel momento sta spirando un vento particolarmente freddo che infastidisce colui che si esprime in questo modo. L’origine della parola “gianna” è decisamente incerta, al centro tra ipotetiche contaminazioni linguistiche e leggende popolari, ma l’unica cosa certa è che quando si sente questa espressione vuol dire che sta arrivando il freddo.

# Nun c’è trippa pe gatti

Credits: Yana Kangal – Pexels

Quando non c’è proprio più niente da fare, quando non si può più guadagnare qualcosa da una determinata situazione, allora un romano commenta con “nun c’è più trippa per gatti”. Questa espressione, che richiama un animale molto caro a Roma, sembra essere nata agli inizi del ‘900 con un provvedimento dell’allora sindaco Ernesto Nathan. Questo, nel controllare le spese pubbliche che Roma doveva sostenere, notò che ve n’era una dedicata al cibo per le comunità feline romane. Decise che questa spesa sarebbe stata annullata e pare che, sui documenti ufficiali, abbia proprio scritto “non c’è più trippa per gatti”.

Continua la lettura con: 7 paesi stupendi dove andare a vivere nei pressi di Roma

RAFFAELE PERGOLIZZI