I soldi nei cannoni: per fermare la guerra bisogna renderla un cattivo affare

I soldi nei cannoni: per fermare la guerra bisogna renderla un cattivo affare

La guerra, portatrice di distruzione e morte, appartiene alla storia dell’uomo. Se evitare la guerra è utopico, limitarne i danni è doveroso, e l’unico modo per farlo è renderla economicamente sconveniente. Minare gli interessi delle grandi aziende produttrici di armi e degli Stati dominanti deve essere il nuovo fronte per chi vuole essere operatore di pace.

I soldi nei cannoni: per fermare la guerra bisogna renderla un cattivo affare

# Da Ghandi ai Papi, le sole parole non bastano a fermare le guerre

L’immaginario collettivo rispetto alla guerra ha subìto grandi mutazioni nel corso dello scorso secolo. Si è passati da un approccio entusiasta, celebrativo della guerra ad uno più realistico, molto negativo. Questa sicuramente è una conquista, perché la presa di coscienza delle masse su questo argomento allontana il rischio dei conflitti. Tuttavia, nonostante questa maturazione delle coscienze, si continua a combattere in molte parti del mondo, Europa compresa. Le guerre continuano a mietere vittime, con violazioni dei diritti umanitari. Grandi figure della storia, come Ghandi o i diversi Papi, si sono spese per cercare di convincere i capi di Stato a fermare le guerre. Nonostante le belle parole e i giudizi taglienti, le prediche e il moralismo funzionano ancor meno della consapevolezza generale. La guerra genera profitti, se la si vuole sconfiggere bisogna renderla economicamente sconveniente. Ma come?

# Guerra: da sempre il miglior affare di chi giostra le sorti dei popoli

Nel momento in cui scoppia una guerra è indiscutibile che alcuni Paesi ne traggano un guadagno, proprio dal punto di vista economico. Per prendere degli esempi a noi vicini, con lo scoppio delle varie guerre in Medio Oriente o in Ucraina, il PIL degli Stati Uniti è salito notevolmente: il conflitto in Ucraina, per esempio, ha spinto le esportazioni di armi americane, con 81 miliardi di dollari in vendite nel 2023 (Dati SIPRI). Così come i conflitti rappresentano un guadagno per le esportazioni delle grandi nazioni dominanti la scena internazionale, essi sono un’opportunità di crescita economica anche per colossi aziendali, come Boeing o General Dynamics. In sostanza, l’alta finanza ne beneficia indirettamente: fondi di investimento e banche finanziano la produzione di armi, mentre la volatilità dei mercati in tempo di guerra genera opportunità speculative. O ancora, per fare altri esempi pratici, secondo il World Bank, le guerre in Medio Oriente hanno gonfiato i prezzi del petrolio, arricchendo stati produttori. Tutta questa rete di profitti economici spiega perché la guerra sia inevitabile: perché interessa ai colossi del pianeta, è economicamente conveniente. Ed è stato così durante la maggior parte della Storia, a dimostrazione del fatto che gli ideali e i valori che convincono i giovani a partire per le armi non sono altro che mero strumento di mobilitazione di massa. Come si fa però a minare questi interessi economici?

# Ecco come rendere la guerra sconveniente

Alcuni strumenti per minare i profitti economici derivanti dalla guerra, e quindi scoraggiare l’inizio dei conflitti vedendoli per quello che sono e non come opportunità d’arricchimento, ci sono già. Il problema è che non sono rispettati. Si tratta, per esempio, delle sanzioni internazionali contro chi rifornisce zone di conflitto, come previsto dalla Carta ONU: un inasprimento di queste sanzioni contro i rifornitori e contro chi si rifiuta di sanzionare, può essere un primo, seppur modesto, deterrente. In secondo luogo, si dovrebbe pensare di tassare pesantemente i profitti delle industrie belliche, scoraggiando il commercio internazionale di armi e destinando i soldi raccolti dalle imposte a progetti di ricostruzione post bellica o alle associazioni umanitarie. Parallelamente, bisogna condurre delle opere di cooperazione diplomatica e culturale per sviluppare progetti che, con la costruzione, la valorizzazione di risorse naturali, renda questo genere di profitti più allettanti di quelli generati dalla guerra, attraverso la cooperazione internazionale per lo sviluppo. Contemporaneamente, si dovrebbe pensare a ridimensionare gli eserciti: senza farli sparire, perché la difesa di identità e territori è un diritto sacrosanto, ma senza assecondare i giochi di deterrenza che, a lungo andare sfociano in inevitabili conflitti. Questi sarebbero dei primi, significativi passi per tentare di rendere la guerra sconveniente e limitare che se ne consumino così tante in giro per il mondo.

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RAFFAELE PERGOLIZZI