Se viaggiando su un treno o passeggiando per le periferie delle città si passa per una zona industriale, ci si rende subito conto di come l’uomo abbia perso la naturale capacità di unire l’utile al bello: quasi sempre i complessi industriali sono spaventosamente brutti, seppur utili. Non si insegna più la bellezza, ci si è dimenticato come si possa fare a riconoscerla e il mondo si è imbruttito. Perché è importante recuperare il criterio per creare e riconoscere la bellezza? Come si può fare?
L’importanza di trasmettere la bellezza come nell’Antica Roma
# Per gli antichi romani il bello era il presupposto di ogni opera

Il mondo moderno è sempre in movimento, in continua accelerazione alla ricerca del guadagno, dell’innovazione e dell’accumulo di capitale. Certamente, non si può dire che la spinta propulsiva verso il progresso sia negativa, ma al contempo bisogna domandarsi: quale progresso vuole l’umanità? Ad oggi, di fatto, il mondo è schiavo di una mentalità utilitaristica e consumistica, sempre all’inseguimento dell’efficienza, capace di costruire spazi che più che belli siano “polifunzionali”, il che significa, per la maggior parte delle volte, avere enormi sale grigie, vuote, riempibili in diversa maniera a seconda delle necessità del momento. Se si mette a confronto il progresso contemporaneo con quello degli antichi romani notiamo proprio questa differenza: i romani erano capaci di unire l’utile al bello, anche quando creavano i “bagni pubblici”, i vespasiani, che ad oggi resistono al tempo e suscitano ammirazione. Questa incapacità, tutta figlia del nostro tempo, suscita in ognuno di noi un senso di tristezza e di vuoto. Ma perché?
# La bellezza è il criterio di natura insito in ogni vivente
La capacità di saper unire l’utile al bello, caratteristica che ha contraddistinto tanto l’Antica Roma quanto le epoche più recenti, avendo l’Italia come guida insostituibile, non è solo una questione estetica o accessoria. Essa risponde all’aspetto più intimo della natura umana: la sua vocazione a vivere in armonia col mondo, inteso come posto privilegiato per il suo sviluppo e crescita. Per questo il bello, la bellezza in generale, non rappresentano solo una questione accidentale, ma sostanziale della natura dell’uomo, che attraverso essa, o in assenza di essa, si sviluppa in una o in un’altra maniera. Per dirla con le parole di Peppino Impastato: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità. […] È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore“. In sostanza, difendere e riproporre la bellezza significa, di pari passo, difendere e riproporre il giusto, conducendo una doppia battaglia di civiltà: dentro di noi e nelle relazioni tra noi.
# Trasmettere la bellezza come valore morale
Compresa l’importanza della bellezza, elemento fondamentale che concorre all’armonia dell’uomo col mondo e col creato, come fare per recuperarla e riproporla contro le brutture degli ultimi anni? La fenomenologia rivela la bellezza come esperienza viva: un oggetto o edificio bello ci accoglie, nutre i sensi, ci radica. In virtù di questo, per combattere il brutto ma utile stile che comanda nell’architettura, ingegneria e arte moderne, si deve educare al bello a partire dalle scuole, riscoprendo i criteri della bellezza attraverso i riflessi della cultura umanistica millenaria che appartiene all’Europa e, in particolar modo, all’Italia. Riscoprire dunque l’artigianato, sostenere laboratori di design che recuperino i criteri che da sempre hanno contraddistinto l’estro creativo del Vecchio Continente, celebrarne dunque il patrimonio in ogni sua forma e aspetto può essere la chiave per combattere la bruttura livellatrice e omologante figlie del peggior consumismo. Riuscire a realizzare un progetto simile vuol dire offrire al mondo un nuovo biglietto da visita per l’Italia e l’Europa, ma anche contribuire a sprigionare forze e energie per costruire una società più conforme alla vocazione dell’uomo, e quindi più giusta.
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RAFFAELE PERGOLIZZI