“O con noi, o contro di noi!”, ecco perché la cultura woke ha stufato

“O con noi, o contro di noi!”, ecco perché la cultura woke ha stufato

La cultura woke negli ultimi anni si è fatta più nemici che seguaci. Adottata, soprattutto, da una parte maggioritaria della sinistra, porta a estremizzare e radicalizzare princìpi di buonismo e politicamente corretto. Dopo una iniziale fortuna, si sta trasformando nel germe del principale declino della sinistra.

# Come la cultura woke è arrivata in Italia

Ph: 361magazine – Instagram

La cosiddetta cultura woke prende i primi passi negli Stati Uniti, dove nasce come movimento finalizzato a mantenere viva l’attenzione sui temi razziali e a denunciare gli abusi della polizia americana. Il termine “woke” deriva dall’espressione “stay woke“, appunto, “rimani sveglio”, cioè attento alle ingiustizie sociali derivanti dalle discriminazioni razziali tutte figlie dell’apartheid. Nel 2010 si rafforza e si espande a macchia d’olio soprattutto in relazione al movimento “Black Lives Matter“, nato con lo stesso proposito, ma anche grazie alle nuove battaglie di giustizia sociale con focus sulle questioni di genere. In Italia diventa lo strumento preferito della sinistra che, in piena crisi d’identità, cerca qualcosa che le permetta di legittimare antiche battaglie e al contempo rafforzare le più recenti, come il buonismo e il politicamente corretto. Con il passare del tempo si mettono sempre più in evidenza le sue contraddizioni: mischiare con forza un movimento nato per mantenere alta l’attenzione sui temi razziali con le problematiche relative al contesto politico italiano, ha portato grandissima confusione. Soprattutto mentre a sinistra si tende a rivendicare l’assolutismo delle idee professate, proprio questo assolutismo dogmatico è ciò che fa respingere dalla maggioranza questo tipo di ideologia. Vediamo come.

# Un dogmatismo ideologico che mina i principi della civiltà liberale

La difficoltà di integrare i nuovi temi della cultura woke con quelli del retroterra valoriale della sinistra italiana non è il solo motivo alla base della sua attuale impopolarità. Il principale fattore che porta questa ideologia a inimicarsi le masse è il rigido dogmatismo ideologico con cui pretende di non essere contestata su nessun piano. Accanto alle idee proposte, non come un punto di vista ma come indiscutibili valori superiori, si è pronti a tacciare di fascismo e ottusità ideologica chiunque osi contestare, anche in minima parte, le posizioni che questa cultura difende. E in Italia il principale strumento utilizzato per prevalere nei dibattiti è uno strano antifascismo riconvertito sulle necessità di legittimare il proprio pensiero contro quello altrui, snaturando completamente questa parola. Insomma, un chiaro e nitido “o con noi, o contro di noi” di mussoliniana memoria. E il fatto che dei sedicenti antifascisti adoperino metodi mussoliniani, indica una incoerenza di fondo ormai particolarmente incancrenita.

# Cosa dovrebbe fare la sinistra per tornare a esprimere il suo reale potenziale

Per affrontare e superare questa lunga notte che la sinistra sta affrontando, se vuole realmente tornare a convincere la gente attraverso proposte concrete e ricette funzionanti, la sinistra deve scrollarsi di dosso questo dogmatismo ideologico che la connota negativamente e abbandonare la cultura woke: serve infatti elaborare una filosofia politica più coerente con le caratteristiche della nazione, invece che appiattirsi su movimenti globalizzanti. Se è vero che già il PCI con Berlinguer aveva iniziato ad adottare una doppia battaglia nelle fabbriche e sui diritti civili, come quelle sul divorzio o il fine vita, è anche vero che la deriva moralista ha pian piano danneggiato la sinistra, costringendola a rinchiudersi in queste rigidità ideologiche da quattro soldi. Se vuole convincere, tornare a contare nei sondaggi e costruire una vera alternativa alla destra, la sinistra dovrebbe abbandonare i toni moralistici e dogmatici, smetterla di inseguire la cultura woke che poco c’entra con il contesto politico italiano ed evitare, al contempo, di scadere in nostalgismi che allontanerebbero le nuove generazioni. I nuovi fronti del lavoro e dell’intelligenza artificiale sono un ottimo spunto da cui la sinistra dovrebbe ripartire, proponendo regolamentazioni all’IA per tutelare alcune categorie di lavoratori che perdono il proprio posto perché sostituiti dalle macchine, senza però risultare conservatori di fronte al nuovo che avanza. Riuscirà la sinistra a posizionarsi di nuovo come forza progressista e rilevante?

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RAFFAELE PERGOLIZZI